Arriva lo sfratto. La polizia sfonda
la porta ma trova un uomo morto. Si è impiccato a 60 anni, nel giorno
in cui avrebbe dovuto la lasciare la sua casa.
Sulle pagine on-line della stampa ci si
limita a ripubblicare le poche righe d’agenzia. Tutte uguali. È un fatto
di cronaca come gli altri, una “tragedia”. Come se non si trattasse
dell’ennesimo morto da aggiungere al bollettino di guerra che in 10 anni
di crisi economica non ha mai smesso di aggiornarsi di suicidi. Eppure
dalla “politica” non arriva nessun commento. Non c’è scandalo all’idea
che un uomo di 60 anni arrivi a pagare con la vita la colpa della
propria insolvenza, per qualche rata di condominio saltata. Per lui
nessun Assessore scomoda il proprio ufficio stampa: nessuna nota, nessun
comunicato. Imbarazzo.
In effetti, davanti a un morto suicida è
difficile ripetere quello che si è abituati a ripetere ai vivi: “se sei
sotto sfratto, è colpa tua”, “se sei povero, è colpa tua”, “se non
trovi un lavoro, è colpa tua”, “se non riesci a mantenere la tua
famiglia, è colpa tua”. La colpa non è mai delle istituzioni che
tagliano welfare e diritti, non è mai dei proprietari che impongono
affitti esorbitanti, non è mai del padrone che ti spreme e poi ti
licenzia. E’ sempre colpa tua: è sempre questo in fin dei conti anche il
senso dei tanti discorsi propinati agli utenti dei vari Servizi Sociali
di tutto il paese.
La colpevolizzazione della povertà è
concepita con due funzioni: la prima è quella di assolvere le
istituzioni e l’ordine sociale da ogni responsabilità circa le
sofferenze che milioni di persone sono costrette a subire, in
solitudine, nel paese; l’altra è quella di ribaltare il piano e
utilizzare queste stesse sofferenze per costruire nei poveri-utenti
nuovi livelli di accettazione e disponibilità. In altre parole: chi si
rivolge alle istituzioni per avere – dopo una vita passata a pagare
tasse e contributi – si ritrova in un attimo nella posizione di dover
dare, ancora e di più di prima. Chiedi un contributo economico per poter
mettere insieme il pranzo con la cena? Ti viene chiesto di andare a
lavorare sottopagato con una borsa-lavoro o un tirocinio. Hai bisogno di
una casa a causa dello sfratto che incombe? Si esige la tua
disponibilità ad essere inserito nei “progetti di accoglienza” (donne e
bambini in strutture indecenti, uomini in strada… invogliati così a
cercarsi un lavoro).
Sostanzialmente ad essere richiesta è la
disponibilità ad espiare le proprie colpe: quella di non essere stato
un buon genitore, un buon lavoratore, un buon amministratore del proprio
reddito. L’obiettivo, certo, non è quello di indurre al suicidio, ma in
questo quadro il suicidio non solo è un incidente di percorso possibile
ma anche il problema minore. Tu muori, ma il problema peggiore per loro
è evitato.
Il vero problema per loro è chi lotta.
Una scelta che in tutto il paese, da anni, da vita a centinaia di
picchetti antisfratto in tutto il paese da Cagliari a Bologna,
occupazioni di alloggi delle banche come successo poche settimane fa
nella stessa Firenze, proteste agli uffici pubblici come due giorni fa a
Torino contro l’infamia degli sfratti a sorpresa, protesta contro gli
sgomberi chiamando in causa le istituzioni come nel caso delle case
popolari di Quarticciolo a Roma questa settimana. Lotta per la casa, per
la vita, per la dignità.
Solo qualche giorno fa l’Assessore
Funaro nella stessa città di Firenze definiva “ignobili” le iniziative
di lotta degli inquilini che si ritrovano sotto sfratto. Proseguiva poi
accusandoli di “fare politica”. È questo per loro il vero scandalo. E’
qui sintetizzato il loro terrore. Ed è qui l’unica possibilità per noi
di uscire dalla sofferenza, dalla solitudine, dalla rassegnazione.
Umiliazioni, ricatti e vere e proprie
torture psicologiche (come l’art.610 che dispone lo sfratto “a sorpresa”
degli inquilini) sono ciò che le istituzioni offrono a chi si ritrova
oggi a subire la crisi al punto di perdere il tetto sopra la testa.
Unirsi, organizzarsi, riscoprirsi capaci di essere noi una minaccia per
loro: è questo il primo rimedio alla disperazione, il primo passo verso
il riscatto.
da InfoAut