Non è surreale, è tutto coerente: gli attacchi alle ong nel
Mediterraneo, la militarizzazione del "diritto umanitario" che
legalizza, di fatto, la morte di migliaia di persone in mare; la riforma
della cittadinanza giocata sulla pelle, sui corpi e sul futuro di
migliaia di persone, terreno, questo, per spartirsi i luoghi della
politica in vista delle elezioni; le leggi di pubblica sicurezza che
vietano la città ai soggetti non desiderati, respingendo la povertà in
periferia; gli sgomberi violenti di
laboratori sociali, come Labas e Crash, che danno risposte concrete alla
crisi (non solo economica). Ecco, tutto ciò non è surreale ma in linea
con una logica che, dinnanzi alla spettacolarizzazione della politica e
al suo contemporaneo svuotamento di significato (perché che differenza
c’è, oggi, tra Minniti e Salvini?), e non essendo in grado di
controllare i fenomeni che attraversano il Paese, ma lavorando per
trasformarli in un’occasione di guadagno per pochi, bastona, reprime e
sgombera. Mi pare sia stato totalmente annullato il senso del voto come
espressione di un'idea(le), alimentando una corsa di slogan a chi è più
razzista, neocolonialista, xenofobo. Non è una deriva, è l’essenza del
baratro in cui siamo caduti. Non è la costruzione di un futuro, ma il
regime della paura che si perpetra, giorno dopo giorno. I percorsi
possibili, a mio avviso, vanno cercati fuori dal partito unico italiano.
Rimettendo in discussione il principio di delega, costruendo una
comunità (e il comune) dal basso, avendo il coraggio di percorrere,
insieme, una strada in direzione ostinata e contraria.
venerdì 11 agosto 2017
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