viva la pheega

mercoledì 5 giugno 2019

0 5 giugno 1975: i carabinieri uccidono Margherita "Mara" Cagol


Noi non dimentichiamo...Margherita Cagol, "Mara"
Morta sotto i colpi del piombo di stato
La sua vita e la sua morte sono
un esempio che nessun combattente per la libertà potrà più dimenticare..

Il 5 giugno 1975 presso la Cascina Spiotta viene assassinata a sangue freddo mentre è ferita e con le braccia alzate la compagna Mara (Margherita Cagol), cofondatrice delle Brigate Rosse.
Mara è morta assassinata dalla violenza di Stato messa in atto dai suoi sgherri in divisa come migliaia di altri ed altre rivoluzionarie, pienamente cosciente della sua scelta di lotta fatta per abbattere il sistema capitalistico e per eliminare quindi lo sfruttamento di qualsiasi essere umano su un altro essere umano.
Mara ha fatto le proprie scelte di classe e di organizzazione in base ad una presa di coscienza precisa e ad una analisi del momento politico.
Nel conto che dovranno pagare i padroni e i loro servi, aggiungiamo anche questo.
Anche noi come ultimo saluto le diciamo: “Mara” un fiore è sbocciato, ed è fiore di libertà, per ogni compagno morto ne nasceranno altri mille....

Oggi ricorre l'anniversario della morte di Margherita Cagol, "Mara". Era il 5 giugno 1975, rimase uccisa nel corso di uno scontro a fuoco coi carabinieri.Fu una delle fondatrici delle Brigate Rosse.Ecco cosa scrisse di lei il suo amico Loris Tonino Paroli :
"Sul piano politico sono molti i momenti cruciali dove Mara è esageratamente attiva, propulsiva e stimolante nei confronti di tutti nei della colonna di Torino. Un particolare importante: quando l’esecutivo decide di far entrare ‘Frate Mitra’ nelle BR, lei si oppone, politicamente condivideva il metodo di farlo entrare trasversalmente; asseriva che lui doveva inserirsi nel mondo di lavoro e solo in seguito a verifiche… avremmo valutato se e come farlo entrare nell’organizzazione. Nessuno la ascoltò. Frate Mitra si rivelò una spia facendo arrestare Curcio e Franceschini.
Ma il momento più rivelante, ricco e nel contempo lacerante è quello dei primi mesi del ’75, quando noi di Torino proponemmo di affrontare il problema dei nostri compagni prigionieri. Periodo ricco perché dopo tanti compagni arrestati avevamo rimesso assieme le forze in grado di riprendere l’iniziativa teorica e pratica della propaganda guerrigliera. Lacerante in quanto la proposta di Torino non era condivisa da molti compagni di altre colonne. Infatti alla proposta operativa di liberare Curcio da Casale Monferrato, due compagni scelsero di uscire dall’organizzazione. Altri compagni sospettarono Mara di personalismo, in quanto moglie di Renato (ma se vi fosse stato in lei anche una quota di personalismo affettuoso verso il compagno da liberare era una cosa così grave?) il che non era assolutamente vero: noi di Torino stavamo lavorando da tempo anche su altre prigioni dove erano rinchiusi dei nostri compagni. Solo che proponemmo Casale dove le nostre inchieste avevano individuato dei punti vulnerabili più che altrove. mara2
Alla fine di una serie di dibattiti riuscimmo a far passare la proposta e facemmo l’intervento alla prigione. La cosa riuscì: fu una delle più belle azioni guerrigliere delle BR, attorno alla quale il consenso e l’entusiasmo si manifestarono a livello di massa. Il giorno prima di quell’azione io e Mara ci appartammo in macchina in un viottolo per attendere il momento di fare un sopralluogo al passaggio a livello… E, in attesa che calassero le sbarre, ricordo quel tempo durato circa un’ora di totale mutismo tra me e lei, mentre ascoltavamo Bob Dylan. […] Di certo avevamo la consapevolezza del fatto che all’indomani dovevamo affrontare per la prima volta un attacco ad una struttura militare dello Stato. E benché il nostro intento fosse quello di fare tutto il possibile per evitare sparatorie, non sapevamo se era realizzabile: potevamo lasciarci anche la pelle. La paura è sempre in relazione a ciò che non sei in grado di prevedere, a ciò che non conosci esaurientemente e temi di non saper affrontare i problemi che ti pone.
Mentre parlo di Mara mi accorgo di avere il pensiero fisso alla cascina Spiotta su quel maledetto lenzuolo bianco che sovrasta il suo corpo. Quello è stato unp dei primi sipari calati sulla nostra storia. Ma la cascina Spiotta di Mara non è solo quel finale. Lei in quella nostra vare con diversi ettari di terra era molto attiva e coltivava di tutto, dalle verdure ai frutti e mi parlava spesso di ogni sorta di piante. Simpaticamente, con gesti rassomiglianti ai contadini, l’ho vista irrorare il vigneto su quella dolce rupe delle Langhe, dove il sole si confondeva sul sorriso del suo viso biondo trentino. Lei era una poetessa della vita, nella vita, per la vita; per cui manifestava sempre quella generosità nel suo essere compagna che oltrepassava tutti i limiti, fino a quello di vent’anni fa dove morimmo un po’ tutti sotto quel lenzuolo bianco, ma anche dove rinascemmo un po’ tutti.”
Loris Tonino Paroli , Testimonianza al Progetto Memoria, Reggio Emilia 1995.
E Agrippino Costa in " Mara" , carcere speciale di Trani, in Verso per verso, Lecce 1991- Capone Editore
" ...una raffica inchiodo' alla terra il tenero sorriso. .
l'erba di giugno
carezzo' il suo viso
capelli sparsi giocarono col vento..."

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