Bruno
Filippi. Anarchico individualista stirneriano, scrittore. Figlio di un
tipografo, cresce attorniato da libri che divora uno dopo l’altro. La
sua camera è una biblioteca di opuscoli sovversivi. A soli 15 anni, la
polizia lo scheda come elemento pericoloso. Mostra nei suoi scritti un
vivo disprezzo per le masse sottomesse che non reagiscono. L’Anarchismo
di Filippi è una rivolta esistenziale, contro la classe borghese e
contro le masse amorfe incapaci di ribellarsi alla viltà e mediocrità di
chi le domina. Collabora con Renzo Novatore alla rivista «Iconoclasta»
di Pistoia. Profondo disprezzatore del capitalismo e della borghesia, a
lui sono attribuiti numerosi attentati. Il 7 settembre 1919, a Palazzo
Marino (Milano), Bruno Filippi muore dilaniato dallo scoppio di un
ordigno esploso accidentalmente prima del tempo. Sua intenzione era
farlo esplodere presso il ristorante Biffi, luogo di ritrovo della
Milano bene.
Brevi stralci dai suoi scritti:
“Cani che leccate la mano di chi vi batte, ed è per voi, proprio per voi che io dovrei insorgere? Rettili striscianti in cerca di uno sporco tozzo di pane, carogne imputridite nella rassegnazione, neanche una sigaretta per voi. Io non voglio unirmi alla corte dei cortigiani del proletariato, che essi scusano, incensano, ornano di lauri. No, o egregi parolai, la vostra verve non maschera nulla. Il popolo è sempre lì, idiota, vigliacco, rassegnato. Forza! Alzate in coro il vostro lamento vigliacco! Dite che avete fame. Stendete la mano di fronte alla vetrina colma di gioielli. Vi lamentate della guerra ma la sopportate, perchè siete voi i suoi autori e i continuatori.
Non compiango i soldati che morirono. La massa brutta, che si lascia trascinare al macello senza un moto di ribellione, che si lascia scannare così, senza un perché, che abbandona tutto ciò che ha di più caro, al semplice ordine di un foglio affisso ad una cantonata, è troppo vile: merita la morte, merita il coltello del boia “.
Ⓐ Walter Ranieri Ⓐ
Brevi stralci dai suoi scritti:
“Cani che leccate la mano di chi vi batte, ed è per voi, proprio per voi che io dovrei insorgere? Rettili striscianti in cerca di uno sporco tozzo di pane, carogne imputridite nella rassegnazione, neanche una sigaretta per voi. Io non voglio unirmi alla corte dei cortigiani del proletariato, che essi scusano, incensano, ornano di lauri. No, o egregi parolai, la vostra verve non maschera nulla. Il popolo è sempre lì, idiota, vigliacco, rassegnato. Forza! Alzate in coro il vostro lamento vigliacco! Dite che avete fame. Stendete la mano di fronte alla vetrina colma di gioielli. Vi lamentate della guerra ma la sopportate, perchè siete voi i suoi autori e i continuatori.
Non compiango i soldati che morirono. La massa brutta, che si lascia trascinare al macello senza un moto di ribellione, che si lascia scannare così, senza un perché, che abbandona tutto ciò che ha di più caro, al semplice ordine di un foglio affisso ad una cantonata, è troppo vile: merita la morte, merita il coltello del boia “.
Ⓐ Walter Ranieri Ⓐ