Il
7 giugno 1914, ad Ancona si svolgono dei disordini tra lavoratori
anconetani (principalmente portuari e ferrovieri appartenenti a
sindacati autonomi di indirizzo Anarchico e socialista) e gli sbirri,
schierati per difendere la parata militare celebrativa dello statuto
albertino. Come in tutte le città d'Italia, è prevista una
manifestazione contraria ai
festeggiamenti, alla corona e all'esercito, per richiedere l'abolizione
delle compagnie di disciplina, la liberazione di Masetti e Moroni. Lo
scopo è quello di impedire la sfilata militare. Visto il divieto di
manifestare, l'appuntamento per l'azione è fissato a Villa Rossa (sede
del partito Repubblicano). Dopo un comizio che infiamma il pubblico, i
manifestanti escono da Villa Rossa e subito incontrano lo spiegamento
degli sbirri, che impedivano l'ingresso alle vie del centro. Al
tentativo di forzare il blocco, i carabinieri rispondono aprendo il
fuoco e uccidendo tre giovani lavoratori, l’Anarchico Attilio
Giambrignoni di 22 anni (morto sul colpo) ed i giovani repubblicani,
Antonio Casaccia di 17 e Nello Budini di 24 anni (muoiono in ospedale).
Inizia quindi uno sciopero selvaggio ad oltranza e continuano gli scontri. Vengono assaltate le armerie, i lavoratori portuali e ferroviari bloccano porto e stazione, rallentando l'arrivo di ulteriori militari chiamati come rinforzo, i palazzi pubblici vengono presi dai manifestanti: gli scontri si trasformano in battaglia.
Ha inizio quella che passerà alla storia come la settimana rossa di Ancona.
Nei giorni successivi lo sciopero si espande a macchia d'olio in tutta Italia, si hanno violentissimi scontri nella Romagna, a Milano, Torino, Bologna, Firenze, Napoli, Palermo e Roma.
Intere zone della penisola sfuggono al controllo dello stato, i comitati rivoluzionari cercano di riorganizzare la vita nelle città in loro possesso. L'impronta fortemente antimonarchica e antimilitarista delle rivolte sembrano mettere il paese sull'orlo della guerra civile. L'intervento dell'esercito arriva, però, con una forza dirompente: il 10 giugno i militari riescono a sbarcare ad Ancona. Importante ricordare anche il ruolo che ebbe la confederazione generale del lavoro che, dopo aver inizialmente appoggiato lo sciopero, lo revocò e invitò i lavoratori a riportare l'ordine (Infami ed immuni alla vergogna).
Il 14 giugno, dopo ben 16 morti tra i rivoltosi, la situazione torna definitivamente sotto il controllo dell'esercito. La settimana rossa resterà però un'esperienza rivoluzionaria importante, che fungerà da base per il biennio rosso e storicamente utile per avere uno spaccato di una Italia infuocata dal conflitto sociale, prossima alla prima guerra mondiale.
Inizia quindi uno sciopero selvaggio ad oltranza e continuano gli scontri. Vengono assaltate le armerie, i lavoratori portuali e ferroviari bloccano porto e stazione, rallentando l'arrivo di ulteriori militari chiamati come rinforzo, i palazzi pubblici vengono presi dai manifestanti: gli scontri si trasformano in battaglia.
Ha inizio quella che passerà alla storia come la settimana rossa di Ancona.
Nei giorni successivi lo sciopero si espande a macchia d'olio in tutta Italia, si hanno violentissimi scontri nella Romagna, a Milano, Torino, Bologna, Firenze, Napoli, Palermo e Roma.
Intere zone della penisola sfuggono al controllo dello stato, i comitati rivoluzionari cercano di riorganizzare la vita nelle città in loro possesso. L'impronta fortemente antimonarchica e antimilitarista delle rivolte sembrano mettere il paese sull'orlo della guerra civile. L'intervento dell'esercito arriva, però, con una forza dirompente: il 10 giugno i militari riescono a sbarcare ad Ancona. Importante ricordare anche il ruolo che ebbe la confederazione generale del lavoro che, dopo aver inizialmente appoggiato lo sciopero, lo revocò e invitò i lavoratori a riportare l'ordine (Infami ed immuni alla vergogna).
Il 14 giugno, dopo ben 16 morti tra i rivoltosi, la situazione torna definitivamente sotto il controllo dell'esercito. La settimana rossa resterà però un'esperienza rivoluzionaria importante, che fungerà da base per il biennio rosso e storicamente utile per avere uno spaccato di una Italia infuocata dal conflitto sociale, prossima alla prima guerra mondiale.
Ⓐ Walter RanieriⒶ