viva la pheega

venerdì 28 luglio 2017

0 LETTERA DI UN'ATTIVISTA DEL BLACK BLOC

" Sto correndo veloce quanto mi permettono i polmoni asmatici nel mezzo di quella che si può solo definire una sommossa.
Mi tengo per mano con l'amico che è venuto con me, cercando di non separarci, ma io lo faccio rallentare un pò.
É molto piu in forma di me e adesso sarebbe già fuori dal tiro dei lacrimogeni se non ci fossi io.
Una falange di poliziotti in assetto antisommossa si avvicina e io lascio la mano del mio amico, cosi almeno almeno uno di noi può scappare.
Si lancia davanti a me in una strada laterale.
Io sono piccola, e ora sono da sola, cosi non attraggo troppo l'attenzione dei poliziotti.
Alzo le mani per mostrare che mi arrendo, e lascio che i poliziotti mi spingano nella direzione dove ci stanno spingendo tutti --i normali manifestanti come quelli vestiti di nero-- in una stradina laterale.
Probabilmente non c'è via d'uscita in questa strada; è una trappola, ma il fumo dei lacrimogeni a questo punto per me è troppo denso perchè possa resistere.
Sto annaspando per trovare la mia maschera antigas, ma vado dove mi dicono di andare.
Mi accorgo che qualcuno di quelli che marciavano con me è stato individuato tra la folla e gettato a terra.
Qualcuno cerca di spingere la gente fuori della portata dei poliziotti.
Un tizio viene strappato dalle mani della polizia e corre; riesce a scappare, ma l'amico che era venuto qui con me è stato preso.
L'ultima volta che lo vedo quel giorno è con la faccia sull'asfalto, due grossi poliziotti in borghese gli fanno divaricare le gambe. Io corro, come la maggior parte della gente intorno a me.
Ci stiamo ritirando, ma solo quel tanto che è necessario.
E in pochi minuti ritroviamo il nostro gruppo e avanziamo nella zona dove i poliziotti avevano interdetto l'accesso.
Se parole come "avanziamo" suonano militariste, probabilmente è perché io faccio parte di un gruppo che almeno apparentemente è para-militare.
I nostri vestiti sembrano delle uniformi e vogliono apparire minacciosi: bandane nere, pantalonacci neri tipo militare, felpe nere col cappuccio (a volte con delle scritte rosse e nere o con delle toppe coperte di slogan) e stivali neri (oppure, per i vegani del gruppo, dei vecchi anfibi).
Io faccio parte di un gruppo internazionale di individui, uniti tra loro in modo flessibile, noto come Black Bloc.
Non abbiamo una piattaforma politica come un partito, e per unirsi a noi non bisogna firmare niente né andare a delle riunioni.
Facciamo la nostra apparizione in ogni tipo di manifestazione, dalle azioni per liberare Mumia Abu Jamal, alle proteste contro le sanzioni all'Iraq e a praticamente tutti gli incontri di organizzazioni internazionali politiche e finanziarie, dal WTO al G8.
Anche se la maggior parte degli anarchici non indosserebbe mai passamontagna neri sul volto o romperebbe le vetrine di McDonalds, noi siamo quasi tutti anarchici.
Gran parte della gente che conosco che ha usato le tattiche del Black Bloc lavora ogni giorno in attività nonprofit.
Qualcuno fa l'insegnante, il sindacalista o lo studente.
Alcuni non hanno un lavoro a tempo pieno, ma viceversa passano la maggior parte del tempo lavorando per il cambiamento nelle loro comunità.
Promuovono progetti di giardini urbani e biblioteche itineranti; cucinano per Food Not Bombs e altri gruppi.
Sono persone che ragionano e che si preoccupano per gli altri.
Persone che, se non avessero degli scopi politici e sociali di tipo radicale, sarebbero paragonate a suore, a monaci e a chi comunque vive al servizio di un'idea o di una comunità.
C'è una grandissima diversità tra noi per quanto riguarda ciò che siamo e in cosa crediamo.
Ho conosciuto gente nei Black Bloc che viene dall'estremo sud come Città del Messico all'estremo nord come Montreal.
Penso che sia vero lo stereotipo secondo cui siamo soprattutto giovani e soprattutto bianchi, anche se non direi che siamo soprattutto uomini.
Quando indosso dalla testa ai piedi dei vestiti neri sformati, e mi copro il volto, la maggior parte della gente pensa che anch'io sia un uomo. I comportamenti dei Black Bloc non vengono associati alle donne, cosi i giornalisti spesso ne deducono che siamo tutti maschi.
Noi che facciamo parte del Black Bloc possiamo limitarci a marciare insieme agli altri gruppi, mostrare solidarietà con gli altri e dare visibilità agli anarchici, oppure possiamo innalzare il livello della protesta, surriscaldando l'atmosfera e incoraggiando gli altri a chiedere qualcosa di piu delle semplici riforme di un sistema corrotto. Scrivere con lo spray dei messaggi politici, distruggere beni delle grandi aziende e creare blocchi stradali con quello che si trova, sono tutte tattiche consuete di un Black Bloc.
Il Black Bloc è un fenomeno abbastanza recente, probabilmente lo si è visto per la prima volta negli USA all'inizio degli anni Novanta e ha preso origine dalle tattiche dei manifestanti tedeschi degli anni Ottanta. Il Black Bloc può essere in parte una risposta alla repressione su larga scala che l'FBI ha praticato contro gli attivisti politici negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta.
Oggi è impossibile formare un gruppo attivista radicale senza temere l'infiltrazione o il sabotaggio da parte della polizia e, per qualcuno, le uniche forme di protesta praticabili sono diventate le azioni militanti dirette in strada, con pochissima progettualità e operando solo in piccole reti di amici.
Anche se non siamo tutti d'accordo sulle stesse cose, posso tranquillamente dire che abbiamo qualche idea in comune.
La prima è la basilare filosofia anarchica secondo cui non ci servono né vogliamo governi o leggi per decidere le nostre azioni. Viceversa, immaginiamo una società dove ci sia vera libertà per tutti, dove lavoro e divertimento siano divisi tra tutti in modo eguale e dove chi ha bisogno viene assistito dall'aiuto volontario e vicendevole della sua comunità.
Al di là di questa visione di una società ideale, noi crediamo che lo spazio pubblico sia per tutti.
Abbiamo diritto di andare dove vogliamo e quando vogliamo, e i governi non dovrebbero avere il diritto di controllare i nostri movimenti, soprattutto per tenere incontri segreti di organismi come WTO, dove si prendono decisioni che riguardano milioni di persone.
Crediamo che distruggere i beni di grandi aziende oppressive e sfruttatrici come The Gap sia una forma di protesta accettabile e utile.
Crediamo di avere il diritto di difenderci quando siamo in pericolo fisico per i lacrimogeni, i manganelli, i blindati e le altre tecnologie delle forze dell'ordine. Rifiutiamo del tutto l'idea che la polizia possa controllare le nostre azioni. Guardando ai casi di Rodney King, Amadu Dialo, Abner Ruima, allo scandalo dei Ramparts di Los Angeles e dei Riders di Oakland, molti di noi ne concludono che gli abusi polizieschi sono non solo endemici, ma connaturati alla polizia.
Viviamo in una società razzista, omofobica e sessista e a meno che queste cose non siano sdradicate dalla nostra società, non si può pensare che siano sradicate dalla testa dei poliziotti che di questa società difendono le regole.
Da un punto di vista ancora piu ampio, viviamo in una società che accetta di dare a qualcuno il diritto di controllare cosa fanno gli altri.
Questo crea uno squilibrio di poteri a cui non si può certo rimediare con la riforma della polizia.
Non si tratta solo del fatto che la polizia abusi del suo potere, noi crediamo che l'esistenza stessa della polizia sia un abuso di potere.
La maggior parte di noi crede che se ci troviamo davanti i poliziotti nella strada dove vogliamo andare o nelle cose che vogliamo fare, abbiamo il diritto di confrontarci direttamente con essi.
Qualcuno di noi allarga questo concetto fino a ritenere accettabile lo scontro fisico con i poliziotti.
Devo sottolineare che questa è una tesi molto controversa anche tra i Black Bloc, ma devo anche dire che molti di noi credono nella rivoluzione armata e, in quel contesto, attaccare i poliziotti non sembra fuori luogo.
Ci sono state interminabili discussioni sulla stampa ufficiale e di sinistra a proposito dei Black Bloc.
In genere, i media sembrano d'accordo nel dire che i Black Bloc sono i cattivi. I media ufficiali sono unanimi nel ritenere i Black Bloc cattivi ed estremamente pericolosi.
La linea prevalente nei media progressisti, invece, è che i Black Bloc sono cattivi, ma almeno non ce ne sono molti.
Tutti sembrano definire "violenti" i manifestanti dei Black Bloc. "Violenza" è un concetto complicato. Io non ho del tutto chiaro quali azioni siano violente e quali no.
E quando un'azione violenta si può considerare autodifesa? Io credo che usare la parola "violenza"per descrivere una vetrina in frantumi della Nike toglie significato alla parola.
La Nike fa scarpe con materiali chimici tossici, producendole nei paesi poveri attraverso forme di lavoro basate sullo sfruttamento.
Poi vende le scarpe a prezzi esagerati ai ragazzini poveri di colore del mondo sviluppato.
A mio parere, in questo modo si tolgono risorse dalle comunità povere nei due lati del pianeta, accrescendo la povertà e le sofferenze.
Penso che la povertà e le sofferenze possano giustamente definirsi "violenza", o almeno come qualcosa capace di creare violenza.
Che violenza è rompere una vetrina della Nike?
Fà molto rumore: può darsi che questo sia considerato violenza; mandare i vetri in frantumi, che potrebbero ferire delle persone, anche se la maggior parte delle volte chi si trova vicino alle vetrine sono solo i manifestanti del Black Bloc ben consapevoli dei pericoli di un vetro infranto.
Costa un sacco di miliardi alle grandi aziende riparare le vetrine.
Questa è violenza?
É vero che i dipendenti sottopagati della Nike dovranno ripulire tutto, il chè è spiacevole, ma il negozio di vetri della zona avrà un guadagno extra.
Come tattica di protesta, l'utilità di distruggere la propietà privata è limitata ma importante.
Porta i media sul posto e manda il messaggio che le grandi aziende apparentemente intoccabili non sono intoccabili.
La gente che partecipa alle manifestazioni, e chi sta a casa davanti la Tv, può vedere che un piccolo sasso, in mano a un individuo motivato, può abbattere un muro simbolico.
Una vetrina rotta della Nike non minaccia l'incolumità delle persone, ma spero che mandi il messaggio che io semplicemente non voglio che la Nike intensifichi le sue attività, ma voglio che chiuda e non ho paura di dirlo.
La principale critica espressa dalla sinistra verso i Black Bloc è che noi facciamo sembrare "cattivi"anche tutti gli altri manifestanti.
É comprensibile la frustrazione degli organizzatori che hanno passato mesi a programmare la manifestazione e poi un gruppo di ragazzacci da fuoco a qualcosa e si prende tutto lo spazio sui giornali.
Ma ciò che sfugge a questa critica è la consapevolezza che i media ufficiali non si occupano mai dei veri contenuti delle manifestazioni.
Sia le minifestazioni più dure sia le proteste pacifiche ricevono raramente una trattazione ampia da parte dei media.
Anch'io auspico che i media si occupino di tutti i tipi di protesta e, soprattutto, diano conto dei contenuti delle proteste, ma sono comunque consapevole che le tattiche militanti attirano l'attenzione dei media.
E questo penso che sia un bene.
Ho iniziato il mio impegno politico durante la Guerra dell Golfo, e ho imparato presto che non basta un gran numero di persone a una manifestazione perchè i media se ne occupino.
Durante la guerra ho passato settimane a organizzare manifestazioni pacifiste. In un caso, migliaia di persone sono scese in piazza a manifestare.
Ma sempre e comunque i giornali e le televisioni ci hanno ignorati.
C'era una bella differenza quando ho visto per la prima volta qualcuno che rompeva una vetrina durante una manifestazione: eravamo subito al notiziario delle sei.
Gli aspetti militanti delle proteste anti-global negli ultimi due anni hanno innegabilmente contribuito al livello di attenzione che oggi il tema della globalizzazione ha sui media.
E anche se i Black Bloc non ne sono la sol ragione (l'occhio strabico dei media è stato girato a sinistra grazie a una miriade di strategie creative e innovative), io credo che George Bush II, sia stato costretto a rivolgersi direttamente ai manifestanti del G8 di Genova a causa dell'attenzione da parte dei media che il nostro movimento alla fine è riuscito a conquistare.
Una seconda critica che ho sentito a sinistra, e in particolare da altri manifestanti che non fanno parte dei Black Bloc, è che non si devono indossare delle maschere mi è stato gridato di togliermi la maschera sià da manifestanti che da poliziotti. Questa idea non ha senso per la maggior parte di noi.
Quel che facciamo è illegale.
Crediamo nelle tattiche militanti dell'azione diretta.
Sappiamo tutti che la polizia fotografa e riprende con le telecamere le manifestazioni, anche quando la legge non glielo permetterebbe.
Toglierci le maschere sarebbe come consegnarci alla polizia.
Le maschere hanno anche un'altro intendo, di tipo simbolico.
Anche se non mancano le persone che vogliono mettersi in risalto ottenere popolarità nella comunità anarchica, i Black Bloc conservano l'ideale che mette il gruppo prima dell'individuo.
Raramente diamo interviste alla stampa (e quelli di noi che lo fanno sono in genere guardati con sospetto o disapprovati).
Agiamo in gruppo perchè in tanti ci sentiamo al sicuro e perché un gruppo può ottenere più risultati di un individuo, ma anche perché noi no crediamo nella lotta personalistica.
Non vogliamo né star né portavoce.
Credo che l'anonimato dei Black Bloc sia in parte una risposta ai problemi che i giovani attivisti vedeno quando riconsiderano i vecchi movimenti per i diritti civili, pacifisti, femministi e antinucleari.
La dipendenza da leader carismatici non solo ha portato a lotte intestine e gerarchiche nella sinistra, ma ha dato a FBI e polizia dei facili bersagli che, se venivano uccisi o arrestati lasciavano i loro movimenti senza guida.
Gli anarchici respingono le gerarchie, e vorrebbero creare un movimento che sia difficile infiltrare o distruggere da parte della polizia.
Alcune delle critiche di sinistra ai Black Bloc sostengono che noi accetteremmo alcuni valori della società corrotta in cui viviamo.
Ci si indigna quando un ragazzino sposta un bidone della spazzatura in mezzo alla strada e gli dà fuoco.
La maggior parte della gente ne conclude che i manifestanti lo fanno solo per provare un brivido, e non posso negare che sento un'eccitante scarica di adrelanina quando faccio delle cose rischiose.
Ma quanti di noi si dimenticano delle proprie idee quando comprano una T-Shirt da The Gap, pur sapendo che i nostri dollari vanno direttamente a una grande azienda che sfrutta con violenza i lavoratori?
Perché si ritiene che una occasionale "shopping therapy" (cioè curarsi le nevrosi comprando ogni tanto delle merci desiderate) sia piu accettabile che trovare gioia in un atto di protesta militante per quanto di limitata utilità?
Arriverei a dire che anche se i Black Bloc servissero solo ad arricchire l'esistenza di chi vi partecipa, sarebbe sempre qualcosa di meglio che spendere soldi nelle multisale, ubriacarsi o altre forme di intrattenimento e relax culturalmente accettate.
Ho anch'io delle critiche a quello che faccio e all'efficacia delle mie tattiche di protesta.
Distruggere la proprietà privata, scrivere sui muri e apparire minacciosi non è certo abbastanza per fare la rivoluzione. I Black Bloc non cambieranno il mondo.
Non mi piace se i manifestanti che non vogliono correre dei rischi durante una manifestazione invece si sentono in pericolo o almeno provano paura - in particolare i ragazzini, le donne incinte e altra gente che mi capita di vedere nei cortei.
Detesto davvero il fastidioso utilizzo di un gergo pseudo-militare come "comunicato" e "blocco" da parte dei miei "compagni".
Ma detesto soprattutto sentire me stessa e i miei amici messi all'indice da tutti i gruppi ufficiali, dalla ALF-CIO fino a Global Exchange, e da tutti gli organi di sinistra, da Mother Jones all'amata Indymedia.org.
Anche se questo non vale per tutti quelli che partecipano ai Black Bloc, io rispetto le strategie della maggior parte degli altri gruppi di sinistra.
Ai cortei io cerco di usare le azioni dei Black Bloc per proteggere i manifestanti non-violenti e per allontanare da loro l'attenzione della polizia.
Quando questo non è possibile, cerco almeno di togliermi dal percorso degli altri manifestanti.
Nonostante le mie critiche, penso che le azioni dei Black Bloc siano una forma di protesta importante.
E se guardo l'uso sempre piu micidiale della forza da parte della polizia per difendere l'ordine in tutto il mondo (a giugno tre dimostranti sono stati uccisi durante una manifestazione anti-WTO in Nuova Guinea, due manifestanti sono stati uccisi l'anno scorso durante i cortei anti-globalizzazione in Venezuela, e il ventitreenne Carlo Giuliani è stato ammazzato dalla polizia durante il vertice G8 di Genova), trovo sempre piu bizzarro che le mie azioni siano etichettate come violente e pericolose mentre anche la sinistra sembra credere che la polizia "stia solo facendo il suo mestiere".
Continuerò a partecipare alle proteste in questo modo, e chiunque desideri fare lo stesso è il benvenuto.
I mattoni sono facili da trovare e i bersagli sono vicini quanto il McDonalds del vostro quartiere.


Fonte: [lettera apparsa su AlterNet il 25 luglio 2001, e riportata dal sito corpwatch. org]

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