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sabato 4 maggio 2019

0 La mafia non tocca i bambini.

La mafia non tocca i bambini.

Ieri Noemi diceva "mi fa male il pancino" quando è stata soccorsa dopo la sparatoria nel centro di Napoli. Ha solo tre anni, una pallottola le ha trapassato un polmone e ora lotta per la vita.

Però ogni tanto si sente ancora dire che i mafiosi sono uomini d'onore. Che i mafiosi i bambini non li toccano. 

I mafiosi i bambini li toccano. 
Il più delle volte per rovinare loro la vita fagocitandoli nei loro traffici, usandoli come piccola mano d'opera in veste di sentinelle, di spacciatori, di messaggeri. Avviandoli a una vita che poteva essere bellissima e che invece si concluderà troppo presto in una cella o in una bara. 

Il più delle volte invece i mafiosi ai bambini devastano indirettamente le esistenze rendendoli orfani di padre o di madre.

I mafiosi i bambini li toccano trasformando i loro quartieri e le loro strade in carceri a cielo aperto abitate da armi, spacciatori e drogati. 

Oppure i mafiosi i bambini li ammazzano proprio.

Cocò aveva tre anni e suo nonno, Giuseppe Iannicelli, se lo portava dietro durante i suoi spostamenti per il traffico di droga come piccolo scudo umano. Pensava che il clan non lo avrebbe toccato in presenza del bimbo. Cocò invece fu bruciato vivo insieme a suo nonno, nella loro auto, dai sicari del clan calabrese. 

Giuseppe Di Matteo aveva passato gli ultimi due anni della sua vita al buio, sotto sequestro, solo. Aveva undici anni. Lo strangolarono e poi sciolsero il suo corpo nell’acido. 

Valentina era in braccio a sua madre quando i sicari della Camorra le crivellarono la testa di proiettili il 12 novembre del 2000.

Giuseppe e Salvatore Asta erano due gemellini di Trapani. E avevano sei anni quando furono fatti saltare in aria insieme alla loro mamma il 2 aprile del 1985 da un ordigno piazzato da Cosa Nostra.

Anche Nadia e Caterina furono dilaniate da una bomba. Erano due sorelline: 9 anni Nadia, appena 50 giorni Caterina. Morirono con la mamma e il papà nell’esplosione dell’ordigno piazzato da Cosa Nostra in via dei Georgofili a Firenze. 

Giuseppe Letizia invece di anni ne aveva 12 quando fu avvelenato nel suo letto di ospedale con una iniezione letale, perché colpevole di aver visto accidentalmente l’omicidio del sindacalista Placido Rizzotto.

Il 27 marzo del 2004 tocca ad Annalisa Durante, uccisa davanti al portone di casa durante una sparatoria tra clan. Aveva 14 anni, come Palmina Martinelli, bruciata viva perché non voleva prostituirsi. Quattro anni in più li aveva Dodò Gabriele, di Crotone, ucciso il 25 giugno del 2009 da un proiettile in faccia mentre è alla partita di calcetto col padre. 

Angelica Pirtoli fu presa per i piedi e sbattuta con la testa contro il muro due, tre, quattro, cinque volte. Fino a morire col cranio fracassato. Sbattuta contro il muro come un tappeto. Si poteva fare. Era leggera. Aveva due anni. Era il 1991, a Parabita, in provincia di Lecce.

Ed è solo una piccola parte dell’elenco di bare bianche che in Italia è lungo, lunghissimo. Una fila di bambini ammazzati dalla mafia, dai cosiddetti uomini d’onore. 

Che i bambini non solo li toccano. Ma li ammazzano. Senza pietà. Per soldi. Solo per i soldi.
Emilio Mola

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