Anche i bisogni più naturali sono a discrezione di una concessione aziendale.
Il PD si spacca sulla data del congresso e delle
elezioni; Sinistra Italiana si spacca sull’alleanza con il PD che si
spacca sulla data del congresso e delle elezioni; la dirigenza del Prc a
congresso ripropone un’aggregazione con quella sinistra che si spacca
sull'alleanza col PD che si spacca sulla data del congresso e delle
elezioni. Nel frattempo, mentre dal Pd alla sinistra ci si arrovella in
questa sorta di “Fiera dell’est”, mentre si aprono tavoli di qua e si
chiudono porte di là, mentre qualche esponente politico tenta di
riposizionarsi in vista delle prossime elezioni politiche, i lavoratori
continuano a subire ricatti nei luoghi di lavoro ed a vivere
condizioni che superano il livello della decenza.
Certo, la fatica di lavorare e l’ansia di mantenere
un posto di lavoro non devono essere spiegate a chi subisce il ritmo
imposto dalla catena di montaggio, o a chi si spacca la schiena in un
cantiere; né, tanto meno, a un precario della logistica, a chi lavora
in un call center o fa l’insegnante precario in una scuola. Ma a chi
oggi pensa che lavoratori, disoccupati, precari, immigrati, abbiano
bisogno di un nuovo centrosinistra, come se un’aggregazione politica
(politicista), pure al 10-15 per cento, possa rappresentare la via
d’uscita dalla precarietà di lavoro e di vita, forse è il caso di
spiegare quello che avviene nei luoghi di lavoro.
Forse vale la pena di spiegare che il lavoratore
che è stato presentato a Sanremo in una serata del Festival, può essere
un modello non per i lavoratori, ma per manager come Marchionne. Su
quel palco è stata raccontata una storia che può essere proposta come
esempio in un proclama del segretario del PD, Matteo Renzi. Un modello
dove ogni problematica legata alle condizioni di lavoro viene rimossa,
per presentare una sorta di paladino dell’antiassenteismo in un mondo
del lavoro dove sembrano non esistere malattie, infortuni, necessità
quotidiane che costringono ad assentarsi dal lavoro, welfare familiare
per sopperire allo smantellamento di quello pubblico. Il racconto fatto
sul palco dell’Ariston ha in comune con la narrazione di Matteo Renzi e
con la retorica di Sergio Marchionne la rimozione dei problemi e della
complessità del lavoro; la rimozione delle condizioni di precarietà e
di ricatto che sono costretti a subire quotidianamente i lavoratori.
Nei giorni immediatamente precedenti a quella serata sanremese, un trentenne lavoratore friulano si è tolto la vita,
perché non ce la faceva più a portare avanti una vita precaria. Per
questo aveva deciso che non era degna di essere vissuta una vita in cui
si passa il tempo cercando di sopravvivere. A quel giovane lavoratore
non interessava continuare la sua vita, stufo com’era di essere
prigioniero di una vita precaria, con libertà che sono solo formali e
quindi priva di libertà.
La privazione della libertà per i lavoratori oggi
arriva a toccare anche i bisogni più naturali, fisiologici, umani della
persona. Consumare pasti con relativa tranquillità, scambiare quattro
chiacchiere, il riposo fisiologico, anche solo urinare, sono sempre
più spesso non un diritto del lavoratore, ma una possibilità concessa
dall’azienda. Qualche tempo fa, l’azienda pugliese Oerlikon Graziano di
420 dipendenti, con una lettera
fece sapere che "le pause fisiologiche individuali effettuate dai
lavoratori addetti direttamente o indirettamente alla produzione
diventano collettive”. Detta altrimenti, la pipì può essere fatta solo
nelle pause collettive, di nove minuti, durante le quali i lavoratori
devono scegliere se andare al bagno, fumare, riposarsi dalla fatica del
ciclo produttivo o urinare. Alla Sevel di Atessa, la limitazione di
questa libertà è costata a un operaio l’umiliazione di urinarsi addosso.
Dopo insistenti richieste di andare in bagno, sistematicamente negate
dal capo dell’area produttiva, quell’operaio addetto al montaggio non
è più riuscito a trattenersi.
Messa da parte la narrazione politicante e
spettacolare, esempi di condizioni di lavoro di quel tipo potrebbero
essere fatti a decine. Alcuni mesi fa, la FCA non ha ascoltato la
richiesta di modificare la divisa
con colori più scuri, avanzata da migliaia di lavoratrici che nei
giorni di ciclo mestruale, con l’attuale colore chiaro della divisa
rischiano imbarazzi; poco più di un anno fa alla Nobili di Suno
(provincia di Novara), è stata assegnata la “coppa dell’assenteista”,
premiando operai e operaie con invalidità e patologie certificate. Si
potrebbe andare avanti, parlando delle vite spiate di lavoratrici e
lavoratori con investigatori privati assoldati dalla aziende; o delle
migliaia di infortuni, spesso invalidanti e mortali e delle patologie
da lavoro, causate soprattutto dalla sistematica e spesso consapevole
omissione delle misure di sicurezza, che “costano troppo” e “fanno
perdere tempo”. Ce n’è a sufficienza per capire quali siano le
condizioni che spesso e volentieri si vivono nei luoghi di lavoro;
quante volte la dignità viene sacrificata in nome di una produttività
realizzata spremendo lavoratrici e lavoratori, con l’aumento dei ritmi
di produzione, con la saturazione dei cicli produttivi, con
l’allungamento del tempo di lavoro, con la riduzione delle pause, con
l’insicurezza a cui sono esposti i lavoratori. E con la precarietà che è
la leva per la rimozione della dignità dentro e fuori i luoghi di
lavoro.
Quel giovane lavoratore friulano, prima di
uccidersi aveva scritto nella sua lettera: “Il futuro sarà un disastro a
cui non voglio assistere”. È il futuro nero fondato su una società che
ha fatto della disuguaglianza un valore, mascherata da una ipocrita
retorica che parla di meritocrazia, mentre quello che occorre è
rimuovere gli ostacoli sociali che privano della libertà le classi
sociali più deboli e porre le basi di democrazia popolare.
Non sarà un compito che potrà essere affidato a una
sinistra che, guardando il suo ombelico, aspira a essere stampella di
un nuovo centrosinistra fondato con chi ha votato pareggio di bilancio,
legge Fornero, Jobs act, riforma delle pensioni, Buona scuola. E se
nella narrazione politica e spettacolare si pratica la rimozione delle
reali condizioni nei luoghi di lavoro, per avanzare la tesi della
collaborazione tra le classi, perché tanto le contrapposizioni tra
capitale e lavoro sono finite (Marchionne dixit), occorre riportare
quelle condizioni in primo piano, per superarle.
Di qui la necessità di un progetto politico di
trasformazione, per aggregare lavoratori, disoccupati, precari,
studenti, immigrati; i soggetti in lotta; le classi sociali più deboli
intorno a un programma minimo di fase per la riduzione dell’orario di
lavoro, democrazia nei luoghi di lavoro, abolizione del precariato,
pubblicizzazione dei servizi essenziali, tassazione fortemente
progressiva.
di Carmine Tomeo