Il
22 maggio 1901, l'ufficio matricola della Regia Casa di Pena di Santo
Stefano registrò la morte del detenuto Gaetano Bresci fu Gaspero,
condannato all'ergastolo per l'uccisione a Monza del re d'Italia. Alle
ore 14.55 il secondino Barbieri, che aveva l'incarico di sorvegliare a
vista l'ergastolano, ma che si era allontanato per alcuni minuti, scoprì
il corpo del Bresci, ormai cadavere, penzolare
dall'inferriata alla quale il recluso si era appeso per il collo
mediante l'asciugamano in dotazione o, secondo altri, un lenzuolo.
Accorsero sia il direttore del carcere cavalier Cecinelli sia il medico,
ma soltanto per constatare l'avvenuto decesso.
Tuttavia le circostanze della sua morte destarono subito qualche perplessità. Voci sotterranee, fatte circolare da cella a cella e presto uscite dal penitenziario, avvalorano un'ipotesi alternativa.
Tre guardie avrebbero fatto irruzione nella cella, avrebbero immobilizzato il Bresci buttandogli addosso una coperta e poi lo avrebbero massacrato a pugni. Nel gergo carcerario questo trattamento è chiamato "fare il Sant'Antonio o santantonio": serve a dare una lezione ai riottosi, ma qualche volta questa lezione è mortale. Un "delitto contro lo Stato" sarebbe stato dunque punito con un "delitto di Stato". Qualche incertezza vi è anche sul luogo della sua sepoltura: secondo alcune fonti fu seppellito assieme ai suoi effetti personali nel cimitero di Santo Stefano[6]; secondo altre, il suo corpo venne gettato in mare. Le sole cose rimaste di lui sono il suo cappello da ergastolano (andato distrutto durante una rivolta di carcerati nel dopoguerra) e la rivoltella con cui compì il regicidio.
Tuttavia le circostanze della sua morte destarono subito qualche perplessità. Voci sotterranee, fatte circolare da cella a cella e presto uscite dal penitenziario, avvalorano un'ipotesi alternativa.
Tre guardie avrebbero fatto irruzione nella cella, avrebbero immobilizzato il Bresci buttandogli addosso una coperta e poi lo avrebbero massacrato a pugni. Nel gergo carcerario questo trattamento è chiamato "fare il Sant'Antonio o santantonio": serve a dare una lezione ai riottosi, ma qualche volta questa lezione è mortale. Un "delitto contro lo Stato" sarebbe stato dunque punito con un "delitto di Stato". Qualche incertezza vi è anche sul luogo della sua sepoltura: secondo alcune fonti fu seppellito assieme ai suoi effetti personali nel cimitero di Santo Stefano[6]; secondo altre, il suo corpo venne gettato in mare. Le sole cose rimaste di lui sono il suo cappello da ergastolano (andato distrutto durante una rivolta di carcerati nel dopoguerra) e la rivoltella con cui compì il regicidio.