Il
25 gennaio 1882 nasce a Nuoro l’Anarchico Francesco Cucca. Scrittore e
poeta. Anticlericale e anticolonialista. Ancora fanciullo perdette il
padre, e per volere dei suoi dovette adattarsi a fare il pastore
all'età di nove anni nell’ovile di uno zio. Fu probabilmente zio
Raffaele ad insinuare nella mente del ragazzo l'idea di emigrare,
abbandonare quelle terre impervie e quel mestiere “sciagurato".
All’età di 14 anni partì per Iglesias e lì lavorò come garzone di
cantina, e più tardi andò in miniera. Da autodidatta, iniziò qui la sua
raccolta di libri, di riviste, di giornali, libri, antologie e raccolte
di passi dei migliori autori della letteratura del periodo. Letture
spesso frettolose per la bramosia e la sete di sapere. All’età di 20
anni passò alle dipendenze di un'impresa di Livorno che importava
legname dall'Africa, e fu mandato in Tunisia, come rappresentante. Andò
in Africa nel 1902 e vi rimase fino al 1939 (trentasette anni!). La
vista del mondo nuovo lo sedusse subito. Venne a contatto con l'ambiente
arabo in una maniera impressionante, quasi "miracolosa". Di quella
stirpe assunse costumi, linguaggi, credenze, modi di vita; ne ricevette
pene, aspirazioni, tormenti. Viaggiava continuamente, per città e per
villaggi; conobbe popoli, usi e costumi diversi, li studiò con amore e
ne assimilò la cultura al punto di essere considerato e trattato dagli
arabi come uno di loro. Studiava molto ed alle "buone" letture dedicava
non poche delle ore che riusciva a strappare al suo quotidiano lavoro.
Parlava e scriveva correttamente diverse lingue ed era informato sui più
importanti avvenimenti letterari. In terra maghrebina comincia inoltre
la sua produzione in prosa e in versi. Francesco Cucca fu un uomo
libero. In lui vi fu una continua, irresistibile quasi ossessionante
voglia di libertà; una libertà totale per la quale e in virtù della
quale egli modellò coerentemente un'intera esistenza. Un'aspirazione che
del poeta stesso ne ha costituito la più importante ragion d'essere, la
sua più squisita aspirazione di vita ma nello stesso tempo ne ha
incarnato brillantemente l'eterna condizione di precarietà e di alterna
vicissitudine. Aderì all'Anarchismo e a tutta un'ideologia che
promuovesse idealisticamente e socialmente i diseredati e gli oppressi.
Anticlericale, anticolonialista, antinterventista, preferì vivere da
uomo davvero libero, profondamente orgoglioso della sua sardità. La sua
originalità sta nell'essere stato in terra d'Africa. Non la Roma
umbertina; non la Pisa o la Livorno Anarchico- intellettualistica; non
la Milano dell'industrialismo nascente, ma l'Africa maghrebina, quella
povera, sfruttata, sottomessa, colonizzata, subalterna. Vien da
chiedersi quali fossero i limiti di un tale personaggio, e ancor più la
domanda s'impone nel momento in cui si dovrà ricordarlo, non per una
"celebrazione" che abbia lo spazio di una giornata, ma per valutare
liberi da condizionamenti la figura di un intellettuale sardo intorno al
quale è caduto il silenzio.
fonte : Walter Ranieri
fonte : Walter Ranieri