Bloccati
i referendum sui diritti dei lavoratori. A voucher ed appalti ci
penserà il governo con una leggina, ad affossare il voto sull'articolo
18 ha provveduto oggi la Corte Costituzionale
Lunga è la storia delle sentenze politiche della Corte Costituzionale in materia referendaria.
Lunga è la storia delle sentenze politiche della Corte Costituzionale in materia referendaria.
Inutile perciò stupirsi dello scandaloso pronunciamento di oggi.
Scandaloso perché,
al di là di appigli giuridici che sempre si possono trovare, la sostanza
politica è chiara: sulla vergogna del jobs act lorsignori non
consentono di discutere, tantomeno di votare.
La cosa è ancor più grave oggi, considerato quanto il tema della precarietà del lavoro sia sentito in questo momento nella società.
La cosa è ancor più grave oggi, considerato quanto il tema della precarietà del lavoro sia sentito in questo momento nella società.
Ed è ancor più
grave dopo la grande partecipazione del 4 dicembre, che ha mostrato
quanto sia forte il desiderio popolare di riappropriarsi dello strumento
referendario.
Forse è proprio per questo che si è voluto dare un chiaro segnale di chiusura.
Insomma, il sistema si blinda.
Non facciamoci adesso ingannare dal fatto che gli altri due quesiti - sui voucher e sugli appalti - siano stati ammessi dalla Consulta.
Non facciamoci adesso ingannare dal fatto che gli altri due quesiti - sui voucher e sugli appalti - siano stati ammessi dalla Consulta.
Su questi due temi siamo certi che non si voterà.
Troppo facile è la strada di una modifica di facciata, giusto per cancellare il ricorso alle urne.
Modifica che potrà
avvenire nelle prossime settimane, o magari anche più avanti qualora il
tutto venga superato dallo scioglimento delle camere, ma che comunque
avverrà.
Che dire allora del commento quasi trionfalistico di un Di Maio che, anziché criticare la cancellazione del voto sull'articolo 18, ha affermato che «Questa primavera saremo chiamati a votare per il referendum che elimina la schiavitù dei voucher»?
Che dire allora del commento quasi trionfalistico di un Di Maio che, anziché criticare la cancellazione del voto sull'articolo 18, ha affermato che «Questa primavera saremo chiamati a votare per il referendum che elimina la schiavitù dei voucher»?
Di Maio, ma ci sei o ci fai?
Questa primavera non ci sarà nessun referendum, perché continuare a vendere simili panzane?
Come ha notato la stessa Camusso, nelle settimane scorse forti sono state le pressioni sulla Corte.
Come ha notato la stessa Camusso, nelle settimane scorse forti sono state le pressioni sulla Corte.
Forti e manifeste come mai accaduto nel passato.
Dai palazzi della politica, come dai potentati economici, si è fatto sapere cosa si voleva in maniera esplicita.
E si è perfino
pubblicamente parlato dell'uomo che ha funzionato ad un tempo da
collettore di queste richieste e da promotore di una "soluzione
politica" che niente ha a che fare con il diritto.
Quest'uomo è Giuliano Amato: un nome, un programma.
Mai come questa volta è stata chiara fin dal principio la divisione del lavoro tra Consulta e governo.
Mai come questa volta è stata chiara fin dal principio la divisione del lavoro tra Consulta e governo.
Un modo di procedere che deve far pensare anche in vista della sentenza, prevista per il 24 gennaio, sull'Italicum.
La decisione di posticipare di brutto questa sentenza, inizialmente prevista per il 4 ottobre scorso, è sempre sembrata un robusto aiutone ai tanti che vogliono portare la legislatura fino al febbraio 2018.
La decisione di posticipare di brutto questa sentenza, inizialmente prevista per il 4 ottobre scorso, è sempre sembrata un robusto aiutone ai tanti che vogliono portare la legislatura fino al febbraio 2018.
Non solo.
Se tanto mi da
tanto, la fedeltà sistemica dimostrata oggi dalla Corte fa pensare ad
una sentenza che lasci in qualche modo spazio a nuove porcherie di tipo
maggioritario comunque mascherate.
Detto in altri termini, nello scontro interno al blocco dominante tra il gruppo di potere renziano che vuole andare alle urne entro giugno, ed il vasto partito del rinvio del voto che punta alle "larghe intese", la Corte Costituzionale si è chiaramente schierata con il secondo.
Noi, ovviamente, non abbiamo preferenze tra questi due schieramenti, entrambi nemici.
Detto in altri termini, nello scontro interno al blocco dominante tra il gruppo di potere renziano che vuole andare alle urne entro giugno, ed il vasto partito del rinvio del voto che punta alle "larghe intese", la Corte Costituzionale si è chiaramente schierata con il secondo.
Noi, ovviamente, non abbiamo preferenze tra questi due schieramenti, entrambi nemici.
Ma resta il fatto - gravissimo - di una Corte Costituzionale asservita ai poteri oligarchici.
Non è certo una
novità nella storia italiana, e probabilmente i membri di nomina più
recente non hanno certo migliorato la situazione. Una ragione di più per
mobilitarsi in vista del 24 gennaio.
In quanto ai diritti dei lavoratori, cancellati con il Jobs Act, toccherà al nuovo parlamento ripristinarli.
In quanto ai diritti dei lavoratori, cancellati con il Jobs Act, toccherà al nuovo parlamento ripristinarli.
Che tutti, a
partire dalla Cgil e dai Comitati per il NO, ne facciano da subito un
tema centrale della prossima campagna elettorale, costringendo tutte le
forze politiche a pronunciarsi chiaramente sul tema.