Voucher, contratti intermittenti, stage come corvée postmoderne: ecco il paradisiaco mondo scaturito dall'89. Il meglio che la religione del libero mercato sappia venderci.
Non è una novità. E dunque non c’è da stupirsi. Occorre invece
sforzarsi di capire. O, come diceva Spinoza, «non ridere, non piangere,
non detestare, ma comprendere». Difficile, in questo caso, non piangere
e, soprattutto, non detestare. Dal 1989 a oggi l’offensiva del capitale
ai danni del lavoro procede ininterrottamente, inanellando un successo
dietro l’altro: quelle che si chiamano abitualmente “riforme” – l’hanno
capito ormai pure i bambini – sono tali solo per la parte del capitale.
Di conseguenza, hanno come obiettivo puntualmente raggiunto la
decomposizione dei diritti, delle conquiste dei lavoratori e delle
tutele del mondo lavorativo.
L'IPOCRISIA DI CHI PARLA DI "RIFORME". Basterebbe avere, in fondo, l’onestà per chiamare le cose con il loro nome: senza usare formule patetiche e ingannatorie come “riforme”, “Jobs act”, e via discorrendo, di ipocrisia in ipocrisia. È questa, in breve, la storia reale dal 1989 a oggi, al di là della lieta narrazione che canta un mondo di libertà e democrazia. Quale libertà, in effetti, per i lavoratori ridotti all’umiliazione permanente del voucher? Il voucher offende la dignità umana e segna l’apice dell’alienazione, giacché riduce il lavoratore a merce disponibile, sottopagata e supersfruttata, alle dipendenze della volontà padronale. Non serve – come falsamente si dice – a evitare il lavoro in nero: serve, invece, a evitare contratti regolari, tutelati e dignitosi.
L'IPOCRISIA DI CHI PARLA DI "RIFORME". Basterebbe avere, in fondo, l’onestà per chiamare le cose con il loro nome: senza usare formule patetiche e ingannatorie come “riforme”, “Jobs act”, e via discorrendo, di ipocrisia in ipocrisia. È questa, in breve, la storia reale dal 1989 a oggi, al di là della lieta narrazione che canta un mondo di libertà e democrazia. Quale libertà, in effetti, per i lavoratori ridotti all’umiliazione permanente del voucher? Il voucher offende la dignità umana e segna l’apice dell’alienazione, giacché riduce il lavoratore a merce disponibile, sottopagata e supersfruttata, alle dipendenze della volontà padronale. Non serve – come falsamente si dice – a evitare il lavoro in nero: serve, invece, a evitare contratti regolari, tutelati e dignitosi.
Siamo nel bel mezzo di un feudalesimo capitalistico: con nuovi signori mondialisti e nuovi servi senza diritti
Voucher, lavoro non pagato (modello Expo di Milano), contratti
intermittenti, stage come corvée postmoderne: ecco il paradisiaco mondo
delle libertà post-1989, il meglio che la religione del libero mercato
sappia venderci. La stessa eliminazione del reintegro nel posto di
lavoro (prevista dall’ex Art. 18) per chi viene licenziato senza giusta
causa – sostituita da un generico risarcimento (art. 3 Jobs Act) – si
pone come la più bieca ridefinizione del lavoro inteso come diritto e
dovere in concessione padronale arbitraria e dipendente dalla volontà
del buon signore di turno: concessione che, in quanto tale, può essere
revocata in qualsivoglia momento.
IL CAPITALE VINCE SENZA RESISTENZE. Siamo nel bel mezzo di un feudalesimo capitalistico: con nuovi signori mondialisti e nuovi servi senza diritti; con nuove e radicali forme di rifeudalizzazione dei legami sociali. Il capitale vince senza incontrare resistenze. Il lavoro sta perdendo giorno dopo giorno: complice anche, ovviamente, la generosa operatività di forze che si dicono progressiste e che, di fatto, favoriscono unicamente il progresso della mondializzazione capitalistica.
fonte: Diego Fusaro
IL CAPITALE VINCE SENZA RESISTENZE. Siamo nel bel mezzo di un feudalesimo capitalistico: con nuovi signori mondialisti e nuovi servi senza diritti; con nuove e radicali forme di rifeudalizzazione dei legami sociali. Il capitale vince senza incontrare resistenze. Il lavoro sta perdendo giorno dopo giorno: complice anche, ovviamente, la generosa operatività di forze che si dicono progressiste e che, di fatto, favoriscono unicamente il progresso della mondializzazione capitalistica.
fonte: Diego Fusaro